FOCUS GIOVANI/La PGS Arborea fucina di calciatori ma soprattutto “scuola di vita”. Chiaccherata con il tecnico Nicola Battolu
14 Ottobre 2020Le statue dei Santi Don Bosco e Domenico Savio sono li a due passi dai campi dell’oratorio quasi a vigilare sui “loro” bambini/e, ragazzi/e della PGS, Polisportiva Giovanile Salesiana. Per parlare di questa scuola calcio di sport e di vita, abbiano incontrato il tecnico Nicola Battolu con il quale abbiamo parlato di questo “mondo” sportivo che ha delle caratteristiche forse uniche. Lo ringraziamo per la disponibilità e per come ha esposto degli argomenti non sempre facili da trattare e da comunicare.
Mister Battolu, intanto per chi non lo conoscesse ci vuole fare una sua scheda personale…
39 anni, ho militato nelle giovanili dell’Azzurra 90 di Marrubiu e, dall’età di 10 anni, in quelle della PGS Arbirea. All’età di 17 anni sono passato nella Juniores dell’U.S Arborea, dove ho subito esordito in Prima Categoria. Dopo due stagioni, mi sono trasferito a Sassari all’università e, dopo aver giocato una stagione col Sant’Anna, ho disputato 4 anni nel CUS Sassari tra la Prima e la Seconda categoria. Terminati gli studi universitari, ho militato per altre 2 stagioni nell’U.S. Arborea, vincendo il campionato di Seconda categoria. Ho poi giocato con la Tanca Marchesa, 2 stagioni ad Arcidano, 4 bellissimi anni alla Virtus Villaurbana, sfiorando una storica promozione in Prima categoria, Marrubiu e 4 stagioni al C.R. Arborea, del quale sono stato allenatore per qualche mese al termine della stagione 2017/18 in Prima categoria e sono tutt’ora grande tifoso. Ho conseguito la licenza da istruttore UEFA C e da Allenatore Dilettante. Collaboro da anni con la PGS Arborea nel settore dell’attività di base, quest’anno seguo i Giovanissimi Under 15.
Cosa significa allenare nella PGS Arborea, notoriamente una delle scuole di calcio più apprezzate non solo in provincia ma in tutta l’isola?
Per me è motivo di grande orgoglio, ho visto crescere tanti ragazzi e ragazze come calciatori e come persone. Essere istruttore alla PGS è una missione, trattandosi di una società sui generis che ha come obiettivo primario quello sociale, con quote di partecipazione molto basse rispetto alle altre società e senza alcuna selezione.
Per lei essere allenatore significa essere solo istruttore di calcio?
No, noi istruttori siamo prima di tutto degli esempi per i ragazzi e le ragazze, che ci osservano, ci studiano, ci pesano. Se passiamo il loro esame diventiamo il loro punto di riferimento molto oltre il calcio, ma se non passiamo il loro personalissimo esame siamo spacciati e avremo poco successo con loro.
Cosa significa allenare in questo momento di grande preoccupazione per l’emergenza Coronavirus?
Ha una valenza ancora maggiore rispetto al passato perché dobbiamo avere molte più cautele, farle osservare ai ragazzi e convincerli che è bene e normale farlo. Anche se devo ammettere che noi adulti abbiamo tanto da imparare dai giovani al riguardo.
Lei avrebbe interrotto i campionati?
Non ho una risposta netta e definitiva, sono combattuto. Il mio auspicio è che i campionati possano continuare, significherebbe che la situazione è sotto controllo.
Che soddisfazioni da allenare i bambini rispetto ai più grandi?
È un altro mestiere. Allenare i grandi dilettanti significa cercare di conseguire gli obiettivi che pone la società, gestire un gruppo di lavoratori con un livello di apprendimento medio-basso, con pensieri calcistici molto variegati su allenamenti, 11 titolare, competenze allenatore e via discorrendo. Allenare i giovani significa potere incidere pesantemente sulla loro formazione calcistica e personale: possiamo fare molti danni. Hanno un livello di apprendimento alto e, pertanto, danno certamente più soddisfazioni a chi, come me, si pone come obiettivo il miglioramento del livello dei ragazzi e delle ragazze (per le quali ci sarebbe da aprire una grande parentesi) e non la vittoria.
foto di copertina il tecmico Nicola Battolu